Cuore e Sport

Questa pagina ha lo scopo di guidare lo sportivo attraverso nel complesso mondo del rischio cardiovascolare nell’atleta.

Il cuore d’atleta

In risposta ad un training fisico continuativo e di elevato livello il cuore tende a sviluppare una condizione di ipertrofia (specialmente negli sport di “endurance”, cioè di resistenza) determinando il quadro clinico definito “cuore d’atleta”. Il cuore d’atleta è una condizione fisiologica, ma in molti casi va differenziato da altre condizioni patologiche che possono simularlo.

Semplificando i complessi processi fisiologici che inducono queste alterazioni della funzione cardiaca, è facile immaginare come in questi soggetti l’organismo,  sfruttando per lunghi periodi di tempo estese masse muscolari, sottoponga l’intero sistema cardiovascolare ad una intensa attività. Il cuore si adatta a questo aumentato fabbisogno di sangue e ossigeno da parte dei muscoli scheletrici   incrementando la propria massa.  Questo fenomeno si esprime sia attraverso un aumento di spessore delle pareti (ipertrofia) che attraverso una dilatazione delle cavità cardiache (variamente combinati fra di loro a seconda delle condizioni). Ciò permette al cuore di garantire una prestazione “supernormale”  e  una migliore performance di pompa. Per lo stesso meccanismo,  il soggetto allenato risulta più bradicardico rispetto al soggetto non allenato. Nello sportivo il cuore è capace di fornire ai tessuti il fabbisogno di sangue ed ossigeno con meno pulsazioni di quante sarebbero necessarie in condizioni normali.

Il cuore d’atleta aumenta quindi la propria efficienza senza aumentare eccessivamente il consumo di ossigeno, cioè lavora in condizioni più vantaggiose dal punto di vista energetico.

Sono stati descritti due modelli estremi di allenamento associati a due distinti modelli di ipertrofia ventricolare sinistra fisiologica:

a) Resistenza (Endurance): lavoro muscolare di tipo isotonico-dinamico aerobico, che determina una graduale riduzione delle resistenze arteriose sistemiche e un aumento conseguente della portata cardiaca. Il ventricolo sinistro mostra prevalentemente un aumento delle dimensioni endocavitarie, con minor aumento degli spessori parietali con sviluppo di ipertrofia “eccentrica”, da prevalente sovraccarico di volume.

In esercizi di endurance la combinazione di estremi e prolungati carichi di volume e di pressione può spiegare il fatto che i maggiori incrementi in dimensioni interne e spessori parietali del ventricolo sinistro siano riscontrati nei ciclisti e nei vogatori.

 

b) Potenza (Power/Strenght): lavoro muscolare prevalentemente isometrico-statico anaerobico, con incremento delle resistenze periferiche e del post-carico. L’aumento della massa miocardica è prevalentemente conseguenza dell’aumento degli spessori parietali, per cui si sviluppa una ipertrofia “concentrica”.

 

La maggior parte delle attività sportive sono di tipo misto, con un lavoro di tipo alternato, con sovraccarico pressorio e volumetrico. In questo caso si sviluppa un’ipertrofia ventricolare sinistra con caratteristiche intermedie.

Negli sports “esplosivi” (es. corsa sulle brevi distanze, sollevamento pesi) durante lo sforzo massimale si verificano aumenti di frequenza cardiaca anche molto elevati, che sottopongono il cuore a notevole stress.

La pressione arteriosa e la frequenza cardiaca durante l’esercizio massimale possono variamente aumentare a valori ragguardevoli.

Il rischio cardiovascolare nell’atleta

Nel momento in cui viene studiato un soggetto sportivo è fondamentale distinguere il “cuore d’atleta” (cioè una condizione fisiologica e benigna) da altre alterazioni non più fisiologiche spesso evidenti anche nei soggetti sportivi. In questo contesto risulta un challenge particolarmente complicato per il medico eseguire questa distinzione per cui può anche rendersi necessario un periodo di decondizionamento fisico di alcuni mesi. Dopo tale periodo infatti le alterazioni del “cuore d’atleta” tendono a regredire, cosa che di solito non si verifica per le malattie cardiache.

Le patologie, anche silenti, dell’apparato cardiovascolare rappresentano la principale causa di morte improvvisa da sforzo ed incidono in maniera diversa a seconda dell’età dei soggetti.
Il rischio di infarto miocardico acuto – aritmie fatali – morte improvvisa, nel soggetto di età adulta od avanzata, è sensibilmente minore negli individui che, pur in presenza di fattori di rischio cardiovascolare:

1) Correggono i fattori di rischio correggibili: adeguato controllo della pressione arteriosa nei soggetti ipertesi,  adeguato controllo dei lipidi plasmatici nei soggetti dislipidemici, cessazione dell’abitudine tabagica nei fumatori, controllo dietetico adeguato nei soggetti obesi nei diabetici prima di iniziare l’attività sportiva

2) Si allenano regolarmente e con moderazione, iniziando con attività fisica di livello basso o moderato, aumentandone gradualmente l’intensità della stessa, sulla base della risposta allo sforzo e dell’andamento clinico.

La probabilità che si verifichino eventi cardiovascolari durante esercizio fisico è invece più elevata in soggetti già affetti da cardiopatia, in età adulta od avanzata, sedentari e con fattori di rischio cardiovascolare non corretti, che iniziano a praticare attività fisica ad intensità elevate e sproporzionate per il loro grado di tolleranza cardiovascolare e fisica. Uno dei meccanismi attraverso cui l’esercizio fisico può favorire un evento cardiaco è la rottura di una placca aterosclerotica “vulnerabile” in seguito allo stress emodinamico. Questo evento che può innescare fenomeni trombotici (formazione di un coagulo di sangue che occlude la coronaria) e/o vasospastici.

Lo sforzo fisico è inoltre un fattore scatenante anche in soggetti affetti da patologia cardiaca non già diagnosticata (aortica, coronarica, miocardica, valvolare e “elettrica”).

Per spiegare questo fenomeno occorre ricordare i meccanismi alla base della morte improvvisa cardiovascolare: meccanico (quando si verifica un improvviso e grave deterioramento della funzione di pompa del cuore) ed elettrico (per aritmia). Il substrato di questi eventi può essere rappresentato da patologie congenite od acquisite.

  1. Le principali cause cardiovascolari di morte improvvisa nell’ atleta sono:
    Rottura dell’aorta (che può lacerarsi spontaneamente ed improvvisamente durante lo sforzo, a cause di malattie che determinano una fragilità costituzionale della parete aortica).
    La rottura dell’aorta è spesso legata al riscontro di bicuspidia aortica (la più frequente cardiopatia congenita), in quanto essa si accompagna spesso a fragilità e dilatazione dell’aorta ascendente, oltre che a malfunzionamento della valvola stessa.
  2. Malattia coronarica aterosclerotica (causa più frequente dopo i 40 anni). L’evento infartuale è di solito causato da placche ateromasiche coronariche spesso silenti sotto il profilo clinico in questa categoria di soggetti.
  3. Anomalie congenite di origine e decorso delle arterie coronarie, che possono restare asintomatiche e non riconosciute per lungo tempo ma divengono pericolose per la vita durante lo sforzo fisico, in quanto l’origine ed il decorso anomali della coronaria possono comportare, sotto sforzo, anomale angolature-compressioni della coronaria stessa con conseguente inadeguatezza dell’apporto di sangue al muscolo cardiaco e quindi fenomeni ischemici e/o aritmici.
  4. Miocardiopatie:
    – La displasia aritmogena del ventricolo destro è caratterizzata da un’alterazione strutturale della parete del ventricolo destro che viene sostituita da tessuto fibro-adiposo, con assottigliamento-atrofia del tessuto muscolare.
    – La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia eredo-familiare, caratterizzata da ipertrofia muscolare e altre anomalie strutturali variamente localizzate.
    – La miocardite è una malattia infiammatoria del muscolo cardiaco. L’infiammazione può essere più o meno diffusa al miocardio a seconda dei casi. La miocardite può essere una complicazione (talora misconosciuta) di malattie infettive. Essendo lo sforzo il maggior fattore precipitante delle aritmie, esso dovrebbe essere sempre evitato negli stati febbrili, poiché (come sopra detto) le infezioni respiratorie o gastroenteriche causate da virus possono portare ad un coinvolgimento cardiaco.
    – La cardiomiopatia dilatativa è una malattia del muscolo cardiaco caratterizzata da una dilatazione patologica del ventricolo sinistro o di entrambi con ridotta funzionalità di pompa cardiaca.
  5. Valvulopatie
  6. Malattie del sistema di conduzione elettrico del cuore (come la sindrome di Wolff-Parkinson-White)
  7. Malattie dei canali ionici. Nel 5-10% delle morti improvvise giovanili non risultano anomalie cardiache risultando un cuore strutturalmente normale all’indagine macroscopica, istologica e persino ultrastrutturale. Queste venivano definite morti improvvise inspiegate o “mors sine materia”.  L’analisi genetica ha aperto una nuova frontiera nella diagnostica della morte cardiaca improvvisa. Spesso alla base di questo evento sono presenti difetti a carico dei canali ionici. Tra queste ricordiamo la Sindrome del QT lungo, la Sindrome del QT corto, la Sindrome di Brugada, la Tachicardia Ventricolare Catecolaminergica (tipicamente scatenata dallo sforzo fisico o dallo stress emotivo). In questi casi sono di fondamentale importanza, per aumentare le probabilità di un riconoscimento precoce della malattia: 1) un’attenta anamnesi familiare e personale del paziente  2) un’attenta analisi dell’ECG di base (eventualmente anche seriato, se vi è il sospetto di aritmie non riconosciute, in quanto in alcuni casi (ad es. nella S. di Brugada) l’aspetto tipico della patologia può essere intermittente o più o meno sfumato a seconda dei momenti 3) il test da sforzo  4) l’ECG dinamico sec. Holter, per valutare l’andamento delle eventuali aritmie nelle 24 ore.

Nel caso si verifichi una morte improvvisa non spiegata è quindi necessario il riscontro autoptico e l’analisi genetica.
Poiché infine una larga parte delle condizioni morbose a rischio di morte improvvisa sono rappresentate da malattie ereditarie, nel caso venga fatta diagnosi di una di tali malattie, è di fondamentale importanza sottoporre i familiari di primo grado del paziente ad adeguate indagini cardiologiche cliniche e strumentali per rassicurare i soggetti sani, identificare i portatori asintomatici della malattia ed adottare per essi tutte le misure preventive e terapeutiche più appropriate.

Un adeguato screening rappresenta nel soggetto di giovane età uno step necessario e da eseguire estensivamente per la prevenzione di eventi cardiaci; nel soggetto di età adulta o avanzata è inoltre  il miglior modo di ridurre i rischi connessi all’ attività sportiva stessa, così da poter godere dei numerosi e innegabili benefici che ne derivano.